Il vino sempre più vicino al design e si uniscono in un concept unico, è ormai tempo di wine design. Una vera rivoluzione che ha avuto i suoi esordi già da qualche tempo, stravolgendo definitivamente da qualche anno il settore. Il nuovo valore attribuito al vino e il grande interesse per questo prodotto hanno sviluppato una nuova cultura enologica. Al posto di tradizione e regionalismo, che prima caratterizzavano l‘immagine del vino, oggi sono in primo piano il lifestyle e l‘internazionalità.
Molte cantine presentano se stesse e i propri prodotti con un’architettura ad alto impatto mediatico, locali di degustazione eleganti, bottiglie ed etichette dal disegno moderno. Al cambiamento d’immagine contribuiscono anche spettacolari wine restaurant, enoteche e persino wine hotel. E’ cambiato anche il target degli amanti del vino: il nuovo pubblico è giovane, esigente e senz’altro disposto a spendere un pò di più per un buon vino. Per assaporare il vino esiste oramai una quantità immensa di accessori, che permettono di organizzare degustazioni a livello professionale anche a casa propria.
Il design dell’etichetta riveste un ruolo da non sottovalutare per l‘immagine di un determinato vino. Da un lato riporta tutta una serie di informazioni importanti, quale l‘origine, l‘annata, i vitigni e la gradazione alcolica. Ma il design dell’etichetta offre innanzi tutto l’opportunità di instaurare un collegamento immediato tra la qualità e lo stile di un’azienda e il prodotto finale e di presentarlo al cliente. Un’espressione tipica di quest’aspetto è l‘orgogliosa riproduzione di stemmi e paesaggi, divenuta di moda agli albori della litografia nel primo Ottocento, abitudine che si è conservata fino ai giorni nostri. Però, anche in questo campo negli ultimi tempi si è iniziato a percorrere nuove strade, e molte aziende hanno adeguato i caratteri e le immagini delle etichette alle abitudini e alle aspettative in termini di estetica di un pubblico moderno e internazionale. Etichette nuove e particolarmente inconsuete, soluzioni moderne per confezioni e pubblicità caratterizzano i vini provenienti da ogni parte del mondo.

Label Design, Roshambo Winery, California USA
La Tenuta Roshambo cerca di smitizzare l’immagine di presunto prodotto elitario che ha il vino ricorrendo a campagne pubblicitarie insolite, tese a conquistare un pubblico giovane.
Andreas Burghardt – Weingut Fred Loimer, Langenlois, Austria
Le etichette della Tenuta Loimer si contraddistinguono per il loro marcato aspetto tipografico e cromatico. Fred Loimer rompe con le convenzioni tradizionali: in luogo di uno stemma compare un omino che danza, e sulle bottiglie di Gruner Veltliner dell’annata 2004 troviamo persino spiritose vignette.
All’incirca dagli anni ’90, la progettazione architettonica di molte cantine è stata affidata a architetti di fama internazionale, che non hanno rinunciato alla propria forza espressiva. La cantina vinicola Adega Mayor, situata ad est di Lisbona, vicino alla frontiera spagnola, caratterizzata da grande parsimonia espressiva, presenta però tutti gli elementi che la rendono riconoscibile come architettura “siziana”. Per rendere onore all’architetto Alvaro Siza e al paesaggio che lo ha ispirato, nel 2009 nasce “Sizza”, un vino rosso irripetibile, inedito e sorprendente in edizione limitata; solo 2.500 bottiglie di un monovitigno 100% Alicante Bouschet con buone prospettive di evoluzione. L’unico segno che caratterizza la bottiglia scura è lo skyline bianco della cantina disegnata dall’architetto portoghese.
Sizza – Adega Mayor, Campo Mayor, Portogallo
Anche il vino italiano attualmente gode di una straordinaria autorità, maturata in risposta a una grande crisi che lo ha costretto a rifondarsi attraverso un profondo mutamento nel modo di intendere la cultura del territorio. Precisamente dagli anni ’80 questo percorso evolutivo ha portato alla necessità di un rinnovamento del vino italiano anche da un punto di vista estetico. Molte cantine storiche del Piemonte, del Trentino-Alto Adige, della Toscana hanno scelto di abbandonare la propria immagine tradizionale, spesso pittorica, a favore di un’etichetta dal segno grafico minimale. Questo è il caso ad esempio dell’azienda vinicola veronese Bertani per la quale l’architetto Massimo Vignelli, uno tra i più importanti innovatori della grafica italiana, ridisegna le etichette e il packaging.
Massimo Vignelli – Cantine Bertani, Grezzana (VR)
Quanto ci facciamo influenzare dall’etichetta? Moltissimo; la presentazione grafica di un prodotto è importantissima. Ed è molto giusto “farsi prendere” dall’immagine, senza che la nostra scelta venga però orientata esclusivamente dal fattore emotivo che la grafica può trasmettere. Il design perfetto è quello che descrive in ogni aspetto il contenuto, è l’abito identitario della qualità del prodotto. Purtroppo la corrispondenza tra immagine e contenuto non sempre esiste.
In qualsiasi campo della realtà produttiva internazionale o italiana un prodotto raggiunge il successo se, partendo da una fondamentale qualità di base, compie tutto il proprio percorso creativo e distributivo in modo coerente e complementare con essa. Capita che prodotti di eccellenza rimangano in ombra a causa di un mancato o errato sviluppo di questo percorso, ma non è raro assistere anche a fenomeni di segno contrario, con oggetti marginali o mediocri portati a un successo straordinario dalla capacità comunicativa e performativa della distribuzione. In ambito alimentare, ma non solo, il design (il brand dell’azienda, il packaging del prodotto, la promozione, l’exhibition, etc.) gioca un ruolo centrale, risultando parte integrante del sistema
progettuale del prodotto. Un prodotto di eccellenza senza una veste all’altezza mantiene il suo valore riconosciuto, ma non avrà mai il valore aggiunto di una prestazione degna del suo valore. Quindi, nel caso di un prodotto di qualità, l’aspetto dovrebbe essere un quid ormai irrinunciabile.
Il marketing del vino ha un grado di complessità molto elevato ed è forse l’evoluzione dei comportamenti di consumo l’elemento che ha inciso maggiormente sul livello di complessità del settore. Si è passati da processi di consumo tradizionale a scopo nutrizionale, tipico della cultura mediterranea, a processi di consumo moderno, nei quali il vino assume un ruolo ricreativo. Le nuove generazioni si avvicinano al vino per piacere e nei paesi dove non esiste una solida tradizione vitivinicola (come negli Stati Uniti e nel Sud Est asiatico), la percezione e l’approccio che i consumatori hanno per il vino sono praticamente quelli identificati per le nuove generazioni. Un caso è costituito dall’importanza attribuita dal consumatore italiano all’origine e alla tradizione locale, quindi alla conseguente considerazione riposta nei marchi DOC, DOCG, IGT o, più in generale, in certi vitigni autoctoni. Ciò non trova però identico riscontro in altri mercati, in particolare extraeuropei del Nord Europa, dove lo stesso concetto di qualità si esplicita in declinazioni differenti.
Le etichette spiegano tutto quello che c’è da sapere su un prodotto; inoltre, il design dell’etichetta e del packaging è fondamentale per la sua visibilità e riconoscibilità; un prodotto come il vino che necessita di almeno un assaggio per essere valutato trova infatti nella bottiglia e nell’etichetta il primo elemento di impatto con il consumatore; soprattutto se l’acquisto della bottiglia viene effettuato nella grande distribuzione, dove il potenziale acquirente non riceve nessun consiglio sull’acquisto e basa la propria scelta essenzialmente sull’attrazione verso quella bottiglia.
Chi vanta una storia deve evolversi, senza stravolgere la sua identità. In questo caso, la parola chiave è evoluzione. Chi ha una storia da raccontare deve evolversi per essere contemporaneo al tempo in cui vive, chi invece è nato da poco ha la responsabilità di comunicare perché determinate scelte estetiche sono rappresentative dell’azienda. Ma sempre le innovazioni nascono come conseguenza del passato che bisogna conoscere bene.
Philippe Stark- Maison Louis Roederer, Reims, Francia
BRUT NATURE 2012, in 2 champagne, sia bianco che rosé è la nuova edizione di Brut Nature nata dalla collaborazione della storica Maison Louis Roederer Champagne con il famosissimo designer Philippe Stark iniziata nel 2006. Il libero pensiero dei due personaggi si è trasformato in realtà attraverso l’opera di Jean Baptiste Lécaillon, Cellar Master. “Uno champagne di azione e movimento, che trasuda intelligenza. …” Il packaging, disegnato dal grande Philippe Stark, rispecchia il vino: il minimo indispensabile, il primo principio. “Questi champagne non hanno bisogno di artifici. La loro bellezza si rivela nel cuore. Con Brut Nature non c’è più nulla da togliere, tranne il tappo…” Ph. S.
Tuttavia, si nota ancora la tendenza negativa di legare il prodotto sano all’idea del passato. Sono tante le nuove cantine a scegliere un nome altisonante e un’immagine tradizionale, etichette con uno stemma, un castello, una gualdrappa, ovvero con dipinti e paesaggi, per tentare di far assurgere il proprio vino a prodotto elitario e per trasmettere una presunta origine storica. Non sei nobile, non hai uno stemma di famiglia perché mai usarlo? E’ un falso, mentre tutti gli elementi che figurano su un’etichetta devono essere veri! E ancora, “non c’è alcuna innovazione o sincerità nei caratteri scritti a mano sul packaging di un prodotto di provenienza agricola. Questa provenienza rustica è visibilmente falsa, dichiaratamente ingannevole. Come se i campi si arassero ancora a mano!” (Leonardo Sonnoli, Vinitaly Design Int’I Packaging Competition, 2021)
Capita anche molto spesso che i committenti intervengano per apportare delle modifiche con una presunta sapienza prevaricante, legittimata solo dall’essere il committente; così come di frequente si assiste ad un repentino cambiamento d’immagine, o addirittura alla coesistenza di linee di prodotto totalmente differenti tra loro, a scapito della memorizzazione del marchio e della fidelizzazione del prodotto. In merito alla riconoscibilità del prodotto e del produttore si osserva anche il fenomeno del cosiddetto look-alike, cioè un’imitazione consapevole del prodotto altrui avendo però cura di differenziarsi dal prodotto imitato per sfuggire alle ipotesi più classiche di contraffazione. Questo si materializza, ad esempio, nella realizzazione di etichette del tutto simili alle originali per cromatismo e grafica, facendo attenzione a differenziarsi nei marchi dei modelli protetti, che nel mondo del vino generalmente si limitano al nome del produttore o dello stesso vino. Questo fenomeno genera pertanto confusione nel consumatore, rendendo vaga la strategia di comunicazione dell’azienda originale e ledendo così la propria reputazione e la fiducia dei consumatori.
L’etichetta del domani cerca di anticipare l’evoluzione di un mercato sempre più globale, in cui l’esportazione dei vini rappresenta una grande percentuale. In un’epoca di modelli culturali così fortemente globalizzati in cui i localismi si perdono è naturale chiedersi se esiste ancora un genius loci della comunicazione o se l‘internazionalizzazione abbia contagiato anche il design grafico. Una bottiglia o un’etichetta, attraverso la grafica e il design, dovrebbero rappresentare la storia di persone, luoghi e cose, in sintonia con l’intera filiera di produzione. Quando se ne progetta l’estetica, è dunque importante tenere conto del concetto di territorialità, valorizzandolo dal punto di vista visivo ma soprattutto ad un livello “multisensoriale”. Condensare l’idea identitaria del prodotto in uno spazio così ristretto è il compito più arduo di un graphic designer.