ll progetto di viticoltura vegana e produzioni biologiche per il ritorno delle api in vigna.
Lapio (Avellino) – Con Nobilapio, è Angelo Silano il custode della biodiversità del Lambic in Irpinia. Viticoltore accademico di agricoltura biologica e vegana, senza alcun utilizzo di prodotti di origine animale. interventi mirati a contrastare un notevole danno alla salute del terreno ed evitare l’inversione rotta del sostenibile, direzione intrapresa da tempo da Angelo Silano. Tecnologia e innovazione ma al passo della sostenibilità ambientale. Soprattutto dei metodi di viticoltura tradizionale. Una giusta combinazione tra le necessità tecnologiche e gli aspetti ambientali, non altro.
Le vecchie produzioni erano agevolate dalla presenza di lieviti spontanei nei terreni. I vigneti con sistema a tendone , difatti, erano pensati anche per la coltivazione di altre varietà ortofrutticole, necessarie al sostentamento giornaliero familiare. Una tavola pulita e a chilometro zero, insomma. Ma non solo. I prodotti della terra attiravano, naturalmente le api sui fiori che, di conseguenza, andavano sull’uva, bottinavano polline e depositavano lieviti ovunque. La bibliografia canonica, da sempre, ci insegna che proprio gli insetti sono preposti ad essere preziosi vettori in natura.
L’intuizione di Silano parte da una riflessione, oggi risolta, che strizza l’occhio al passato dei metodi di coltivazione e produzione. Un inseguimento al motivo per il quale non si più vinifica il lambiccato. Un vino dolce che aveva due caratteristiche ben precise: fermare naturalmente la fermentazione spontanea e la caratteristica filtrazione del liquido in sacchi di juta, il lambicco per l’appunto. Da tempo è stato tentato di risolvere una criticità di chi ha provato a rinnovare questa pratica enologica. I primi esperimenti, purtroppo, non hanno portato grandi risultati se non bottiglie esplose in cantina. Il motivo, pare, sia legato allo scarso potere alcoligeno dei lieviti indigeni. Ragionandoci, le winery contemporanee non hanno ambienti contaminati dai lieviti selezionati che, come dimostrato, resistono ai naturali processi di fermentazione.
Nonostante si avviasse una fermentazione spontanea senza l’aggiunta di lieviti selezionati, non si riusciva a portare avanti il lambiccato. Dunque, il problema è stato ricercato direttamente in vigna. In pratica, la presenza di pochi lieviti indigeni sulle uve a causa di una processata viticoltura invasiva e ancorché intensiva, unita alle variabili naturali come il cambiamento climatico, imputavano la causa alla materia prima, una buccia sterile.
Da qui, è nata l’idea nasce la volontà di proseguire e creare un protocollo di coltivazione delle uve che fosse meno impattante per l’ambiente. Un progetto che ha davvero faticato ad evolversi nella fase preliminare di inizio e di prosieguo, soprattutto per i partner da mettere insieme. Quindi, con il Progetto Operativo di Innovazione Nobilapio, finanziato nell’ambito della Strategia di Sviluppo Locale del Gal Ats Aisl (Gal Irpinia Sannio – Gal Cilsi) – Psr Campania 2014 – 2020, con Christian Mattei, apicoltore (Capofila del Gruppo Operativo), Angelo Silano, viticoltore (partner del Gruppo Operativo) e Michelangelo D’Argenio, enologo e segretario di Assoenologi Campania e la collaborazione di Roberto Rubino, ideatore del Metodo Nobile® e responsabile Tecnico Scientifico del progetto e presidente Anfosc innovation broker e si occupa anche della disseminazione dei risultati.
Un processo di studi e lavoro coadiuvato dal Centro di Ricerca coordinato da Angela Capece e Giulia Grassi, dell’università degli Studi di Basilicata e partner del Gruppo Operativo. Ricerche e concluse pubblicazioni hanno acceso un faro sui lieviti e sulla loro attività fermentativa. I vigneti condotti con le pratiche di moderna viticoltura sono poveri di fiori che possano attirano api. Cosa ne consegue? La messa in pratica di diserbo biologico o persino chimico o meccanico nell’interfilare, processato per evitare ristagni di umidità, trattamenti fitosanitari compromettenti la biodiversità della vigna. Ma con il supporto di Mattei, apicoltore di Lapio, è arrivata la disponibilità di una vera propria colonizzazione in vigna di 200 arnie in un perimetro atto a coltivazione sperimentale. Insieme al gruppo di ricerca di Roberto Rubino, è stato possibile dare vita a un protocollo di coltivazione e di gestione della vigna quanto più sostenibile possibile partendo proprio dai trattamenti manuali. È stato impiantato un prato mellifero per attirare naturalmente le api e creare piste di passaggio tra i filari con le arnie. Grazie a questa procedura. È stato possibile ridurre drasticamente i trattamenti, e quelli operati sono stati attuati con sostanze naturali, come ad esempio il propoli.
Il lambiccato è la dimostrazione che i lieviti indigeni favoriscono la produzione di vini. Il prodotto finale, oggi di 9 gradi a fermentazione spontanea e trattato con metodi tecnologici con filtrazioni e stabilizzazioni a freddo, riassumono il senso di una vera viticoltura sostenibile. Un primo passo importante è stato fatto, oggi si continua la ricerca e si cerca di capire quali sono le naturali condizioni che consentono di avviare il processo di fermentazione spontanea.