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Intervista a Pierpaolo Sirch: ‘Scuola e territorio per preservare la tradizione viticola d’Irpinia’

di Sabino Genovese

Sorbo Serpico (Avellino) – Direzione Feudi di San Gregorio, inseguendo i fitti vigneti di Sorbo Serbico, importante realtà aziendale vitivinicole del Sud e d’Italia, per incontrare Pierpaolo Sirch, responsabile di produzione Feudi di San Gregorio e incaricato alla docenza del progetto ‘Adotta una Scuola 2’ promossa dalla Fondazione Altagamma e dal Ministero dell’Istruzione. Per l’Irpinia, una salda stretta di mano tra l’antica Scuola Enologica ‘F.De Sanctis di Avellino’ e la cantina irpina.

Intervista a Pierpaolo Sirch per il progetto ‘Adotta una Scuola 2’

Classe 1966, con famiglia d’origine contadina legata all’agricoltura e alla viticoltura, nel 2003 ha fondato i Preparatori d’uva, insieme a Marco Simonit l’unico gruppo strutturato a livello internazionale nel settore della formazione del personale addetto alla potatura manuale dei vigneti. Attualmente sono consulenti di oltre 130 aziende fra Europa, Stati uniti, Argentina, Sudafrica. Nel 2009 hanno ideato la Scuola Italiana di Potatura della Vite: centro di formazione permanente in partnership con importanti centri di ricerca, unico nel suo genere a livello internazionale. Dal 2003 amministratore delegato della Feudi di San Gregorio, ad oggi lo vediamo nuovamente inserito nel Progetto ‘Adotta una Scuola 2’ della Fondazione Altagamma con 23 imprese socie coinvolte nella sua seconda edizione, dove gli studenti del celebre Istituto Tecnico Agrario ‘F. de Sanctis’ di Avellino guidato dal dirigente scolastico Pietro Caterini, preside e anche promotore di numerose iniziative di attività di formazione sul piano imprenditoriale nel sistema scolastico. Queste due importanti figure sono messo al centro di un nucleo operativo che vedrà i ragazzi dal terzo al quinto ginnasio partecipare ad attività formative finalizzate all’ampliamento delle loro capacità professionali. Da qui in poi, inizia la mia intervista a Pierpaolo Sirch.

Pierpaolo Sirch, responsabile di produzione Feudi di San Gregorio di Sorbo Serbico (Avellino)

Il suo arrivo in Irpinia nel 2003 ha influenzato notevolmente la viticoltura Irpina, quali sono i punti salienti del progetto Adotta una Scuola, visto il suo bagaglio professionale?
«In Italia come in Francia ed in Germania, abbiamo un serio problema: la carenza di manodopera. È diventato difficile reperire persone con attitudini adatte e per salvaguardare il genius loci del territorio, quindi quando raccontiamo l’Irpinia attraverso i nostri vini, non possiamo non pensare al primo Istituto Agrario d’Italia ovvero il De Sanctis di Avellino. Per questo insieme ad Antonio Capaldo, presidente dell’azienda Feudi, ci siamo sempre detti di dover fare qualcosa per l’Irpinia quindi bisogna partire dai giovani facendoli appassionare, stimolandoli in modo tale che diventeranno custodi del territorio, dà padre in figlio e dà nonno a nipote»

Diverse aziende hanno puntato sulla riscoperta delle varietà minori, il vostro punto di vista verso una viticoltura in continuo aggiornamento?
«Noi come azienda siamo sempre stati dell’idea che più che puntare sulle varietà serve puntare sul territorio, ovvero le caratteristiche di quest’ultimo sono da salvaguardare, il nostro impegno maggiore è stato prestare particolarmente attenzione ai vecchi vigneti, ad esempio l’Aglianico. Insieme all’Università di Milano abbiamo salvaguardato determinati caratteri per far si che non venissero estirpati. Diversamente, oggi si fa presto ad estirpare impiantando nuovamente senza tener conto delle caratteristiche genetiche che possono essere propagate alle nuove piante. Noi ci siamo molto impegnati nel limitare questo fenomeno, con diverse strategie ad esempio pagando di più le uve provenienti da vigneti più anziani o ad esempio acquistandone diversi, o ancora affittarli. Tutto questo ci ha permesso, in un mondo dove la viticoltura classica sta aprendo le porte alla tecnologia di avere vigneti con caratteristiche oramai uniche ereditate dai secolari precursori»

La sua scuola ha lanciato le basi per professionalizzare tutti gli operatori del settore, ad oggi infatti in diversi progetti come appunto Adotta una Scuola, non crede che potrebbe istaurarsi una collaborazione anche con le università di Scienze Agrarie?
«Noi crediamo che le aziende, debbano essere a disposizione del territorio per confluire a tutte le figure la propria esperienza, ovvero dal vigneto alla cantina. Ma la cosa più importante è trasmettere la passione, il legame con la campagna, tutto per creare sinergia tra studio e pratica. Di molti colloqui che facciamo la carenza principale è proprio questa il distacco, perciò è importante riavvicinare queste due costanti fondamentali»

Negli ultimi anni l’Aglianico viene vinificato in diverse interpretazioni, sappiamo che è un vigneto complesso rispetto agli altri, l’alterazione del microclima locale che conseguenze sta avendo su questa varietà?
«In un momento di grande cambiamento dal punto di vista climatico, e per vitigni e territori come questo, mi sento di dire che sia quasi un beneficio. Nel senso che quando si parla dell’ultima varietà italiana ad essere raccolta, ovvero in condizioni metereologiche di umidità, freddo e piovosità avere la possibilità di maturare prima o di maturare in maniera più regolare per l’Aglianico è un vantaggio, riscopriamo tannini più dolci più maturi con giuste acidità, rispetto a vent’anni fa dove le temperature fredde costituivano un problema di base che a volte compromettevano l’espressione del vino stesso. Quando i francesi parlano di terroir, parlano di territorio di vitigno e di uomo, quindi se analizziamo che la manodopera specializzata viene meno, il vitigno rimane invariato e il clima sta cambiando, l’unica variabile fondamentale è che il vino stesso sta cambiando. È l’unico compromesso atto a risolvere ciò, sta nella nostra preparazione e nel cercare di capire i segnali della pianta»

Lei ha formato molti professionisti, ovviamente da enologo non posso non chiederle se in un mercato ormai saturo valga la pena aprirsi un’azienda, che prospettive ci sono?
«Vedo molti ragazzi, che cercano supporto certo a vedere il mercato attuale i numeri un po’ scoraggiano, ma credo possa solo essere positivo l’impegnarsi imprenditorialmente nel mondo vitivinicolo. Quello che conta però è creare una rete, ovvero anche solo di produttori di uva mettere insieme le energie, non posso non pensare all’Alto Adige ovviamente in termini organizzativi. Sono modelli di cooperative che dimostrano che ogni piccolo produttore può contribuire allo sviluppo territoriale, ad esempio vendendo l’uva alle aziende o ancor di più creando le cantine sociali, e difatti in Irpinia ce ne sono poche».

Gli studenti che parteciperanno a questo progetto, avranno la fortuna di essere guidati da professionisti con baglio culturale immenso, ovviamente Feudi insieme al De Sanctis si troveranno al centro di brand importantissimi, il programma prevede anche esperienze in cantina?
«Certamente, l’idea è quella di creare una linea progettuale a 360gradi. Si inizierà dal vigneto ovvero dalla gestione agronomica fino ad arrivare alla cantina, ovvero far capire tutte le facciate lavorative che un’azienda organizzata come la nostra offre. Infatti non è sempre facile trovare la preparazione meccanica di cui disponiamo in altre realtà produttive, a partire dalla gestione dei vigneti passando per le tecnologie di vinificazione fino ad arrivare all’affinamento del vino. L’importante è stimolare ogni ragazzo con tutto ciò che abbiamo, in modo tale da fargli seguire la sua strada di studi attraverso lo sviluppo delle sue attitudini»

È chiaro che la vostra politica aziendale è fermamente mirata nel creare uno status idealis, dal piccolo agricoltore che conferisce a voi le uve alle grandi menti che lavorano per voi dietro le quinte, da leader qual è la sua filosofia aziendale?
«Sicuramente fare tanta esperienza, io credo fortemente nel lavoro di squadra. Non credo nei diversi guru che somministrano ricette belle e pronte, più cose fai più hai argomenti di confronto e l’importante è pure sbagliare perché dagli errori si migliora tantissimo. Il nostro lavoro assiduo in azienda è quello di formare enologi e non consulenti, guidarli per mano nei vigneti, fargli capire l’importanza nella cura di ogni dettaglio, solo cosi possiamo raggiungere livelli altissimi»

Per concludere, un’azienda che produce numeri importanti come deve posizionarsi nel mercato locale o estero?
«Se si producono numeri importanti si deve essere per forza presenti all’estero, il mercato locale ovvero quello italiano è un mercato importantissimo. Le aziende venderanno sempre di più nel mercato regionale, ad esempio aziende campane venderanno sempre di più in Campania. Feudi però ha ribaltato questi pronostici difatti ad oggi registriamo il 75% di vendite in Italia vs il 25% di vendite all’estero. Questo significa avere un potere molto forte di mercato».

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