Le colline del Chianti, sono una breve catena montuosa situata tra le province di Firenze, Arezzo e Siena.
Qui si produce uno dei vini più importanti del centro Italia, ovvero il Chianti Classico di denominazione DOCG, (denominazione d’origine controllata e garantita).
Quando arrivai in Toscana percorrendo la strada che mi avrebbe portato a Greve in Chianti, mi colsero innumerevoli emozioni, mentre guidavo era quasi difficile non rimanere rapito dalla bellezza paesaggistica di questa magica terra.
“La Toscana è paesaggio magico dove tutto è gentile intorno, tutto è antico e nuovo” Curzio Malaparte.
Cari lettori, vi guiderò attraverso le mie parole alla scoperta di un vino unico nel suo genere, che mette d’accordo i degustatori più esigenti. La storia di questo vino risale al Medioevo, la Siena ghibellina dell’Imperatore e la Firenze guelfa del Papa, si scontrarono più volte nel territorio chiantigiano per estendere i propri domini. All’inizio del Duecento si ebbe una prima tregua che stabilì una linea di confine tra le due città rivali, assegnando a Firenze il controllo del Chianti. Durante la dinastia dei Medici, il territorio del Chianti visse un periodo di prosperità e di pace. Sono questi gli anni in cui si diffonde la coltivazione delle vigne e si comincia a produrre il vino.
Successivamente nel 1924, un gruppo di produttori vitivinicoli riunendosi decise di fondare un Consorzio sulla tutela di questo vino, fu scelta l’immagine del Gallo Nero motivata dalle antiche ostilità che vi erano tra Firenze e Siena.
Da che vitigno ha origine il Chianti Classico?
Da uno dei vitigni più importanti d’Italia, il Sangiovese: vitigno a bacca nera, la sua storia anche se si conosce poco risale al XVI° secolo, recenti studi genetici dimostrano che dispetto della sua diffusa e storica presenza nell’area romagnola e tirrenica, possieda parentele con vitigni coltivati nel Sud Italia, soprattutto in Sicilia e in Calabria.
Quali sono le caratteristiche colturali e ampelografiche?
Viene classificato in diverse varietà per grandezza del grappolo e degli acini tra cui le due più importanti sono il Sangiovese Grosso e il Sangiovese Piccolo.
È un vitigno vigoroso ma difficile da coltivare perché, anche se si adatta bene a diversi climi, ha una certa sofferenza per quelli freddi ed umidi. Riguardo al terreno non ha particolari esigenze ma sembra che preferisca quelli poco fertili e calcarei, dove fornisce i risultati migliori, con temperature calde e ambienti secchi. Il germogliamento avviene in epoca media, con maturazione tardiva, sensibile all’oidio, alla botrite, al freddo invernale e alle gelate primaverili.
La forma di allevamento più utilizzata rimane il cordone speronato: dove il fusto della pianta può arrivare ad un metro di altezza e si allunga poi orizzontalmente sino a raggiungere la vite accanto. Lo sviluppo avviene su tre fili tesi tra i pali che sorreggono le piante. Al primo filo viene fissato il cordone permanente, agli altri la vegetazione.
Ha una produzione abbondante e costante, non bisogna esagerare nella carica di gemme per non declassare la qualità del prodotto.
Quale regolamento viene fornito dal disciplinare di produzione?
Affinché vogliamo avere la denominazione DOCG sul nostro prodotto è importante rispettare dei parametri fondamentali come:
– Terreni: collinari, di conformazione calcarea, argillosa o mista sabbia e ciottoli, situati ad un’altitudine non superiore a 700 m s.l.m.
– La produzione massima di uva deve essere di 7,5 t / ha
– La resa massima di uva deve essere di 70%
– I sesti di impianto, le forme di allevamento ed i sistemi di potatura non devono modificare le caratteristiche peculiari dell’uva e del vino
– È vietata ogni forma di allevamento su tetto orizzontale.
– Per i nuovi impianti e i reimpianti la densità non può essere inferiore a 4.400 ceppi / ha
– Il titolo alcolometrico volumico naturale minimo deve essere di 12% vol.
– È ammessa la tradizionale pratica enologica del governo all’uso toscano, che consiste in una lenta rifermentazione del vino appena svinato con uve dei vitigni autorizzati leggermente appassite
– È vietata qualsiasi pratica di forzatura
– È consentita la pratica dell’irrigazione di soccorso
– Richiede un invecchiamento almeno fino al 1º ottobre dell’anno successivo alla vendemmia
– Tutte le operazioni di vinificazione, invecchiamento e imbottigliamento, debbono essere effettuate nella zona di produzione.
Caratteristiche organolettiche del Chianti Classico
Importante degustarlo ad una temperatura di servizio intorno ai 16° prefereibilmente utilizzando un calice a tulipano per esaltarne il bouquet.
SI presenta all’occhio un particolare colore rosso rubino intenso con riflessi granata. In bocca si percepisce sin da subito un tannino morbido, setoso per essere precisi. Speziato anche al naso, floreale a volte fino al balsamico se molto invecchiato, non nasconde profumi di frutti di bosco.
In questo articolo ho voluto analizzare la storia di uno dei vini più apprezzati al mondo, partendo dal vitigno, dalla sua storia attraversando le tecniche colturali fino ad arrivare al vino e le sue particolarità organolettiche.
Bisogna specificare, che il Chianti Classico, è un vino la cui produzione da parte dei viticoltori toscani è mirata sempre di più verso un’agricoltura biologica.
Dove si prevede un mancato uso di prodotti fitosanitari, ed una meccanizzazione per effettuare le lavorazioni agronomiche mirata a ridurre del tutto l’impatto ambientale.
È importante saper lavorare rispettando la natura, i produttori del Chianti ci riescono ottenendo a parer mio un prodotto di eccelsa qualità