L’Editoriale di Pietro Caterini// Agroalimentare ed enoturismo: la chiave contro lo spopolamento delle aree interne

Spopolamento, la lunga frattura delle aree interne irpine. Dall’ultimo ventennio, dalla fine degli anni ’90 ad oggi riguarda lo spopolamento che, sviscerando il significato profondo della parola significa l’abbandono dei giovani di territori a vocazione prettamente agricola orientati a raggiungere i centri urbani metropolitani che, di fatto ma con qualche eccezione, offrirebbero maggiori opportunità nel settore industriale, commerciale e terziario. Un salto si, ma indietro di almeno 50 anni. Un ritorno agli anni Sessanta e Settanta, epoca dell’ormai ancestrale boom economico italiano, quando le persone erano prevalentemente propense ad accettare modelli di vita più moderni e avanzati, prodotto derivato dalle città di più alta densità e maggiori servizi, condizione per la quale si lasciava la terre di origine con nostalgia, ma con convinzione. Le aspettative dell’emigrazione, non erano poi ritrovate dalla maggior parte di persone. Un’evidente conversione della condizioni di vita che passavano da ambienti agricoli, ameni, incontaminati a luoghi modernamente urbanizzati ma con livelli di inquinamento molto alti. A questo si aggiungevano condizioni abitative sacrificate ai margini delle città e soltanto piccole percentuali di emigrati riuscivano a realizzare il loro sogno con un radicale cambiamento sociale ed economico. Oggi il fenomeno si ripete a distanza di oltre cinquant’anni. I giovani non partono più con il grado d’istruzione molto basso di una volta, conditio sine qua non per un’immediata assunzione in fabbrica con inquadramento da operaio. Possiamo dire con certezza, che rispetto ad allora ci sia stata un’evoluzione, certamente in positivo sul sistema d’istruzione nazionale; infatti, scuola ed università hanno dato pari opportunità a tutti di formarsi ed istruirsi, anche se residenti in piccoli paesi dell’entroterra. Oggi un’alta percentuale di giovani delle aree interne ha raggiunto un alto grado d’istruzione e quindi spesso molti giovani diplomati e laureati preferiscono intraprendere percorsi lavorativi altrove, abbandonando il proprio territorio. I motivi? Molti lo fanno per necessità e spesso anche con una conseguente e consolidata tristezza, perché non riescono a trovare il riscontro in quello per cui hanno studiato, altri, invece perché tendono a snobbare il luogo in cui sono nati ed hanno vissuto finora, in quanto ambiscono a lavori importanti che secondo il loro pensiero, soltanto le grandi città industrializzate possono offrire. Entrambe le categorie tentano l’avventura e si radicano in altri centri, ma stavolta anche con un grado d’istruzione molto alto, che però, spesso anche stavolta non trova sempre il riscontro delle loro aspettative. Soltanto una piccola percentuale di giovani continua ad amare e credere nel proprio territorio e continua a fare tentativi nel mercato del lavoro per non perdere le proprie radici. Sono i più radicati, i più tenaci e da questi esempi bisogna partire per evitare che nei prossimi 30 anni le aree interne siano abitate soltanto da anziani o addirittura disabitate come già sta avvenendo. Prima di continuare nel ragionamento, voglio portare la mia esperienza. Personalmente ho avuto l’opportunità di vivere in una terra ricca di industrie e servizi (Modena) , dopo aver vinto lì il concorso da dirigente scolastico. All’epoca anche mia moglie aveva vinto un importante concorso in Emilia Romagna ed entrambi, con i bambini ancora piccoli, avremmo potuto costruire una famiglia con un livello di opportunità superiore sia per noi che per i nostri figli. Questo, che per molti potrebbe sembrare la strada più semplice, non è stata quella realmente percorsa. L’amore del nostro territorio è stata la calamita per ottenere il ritrasferimento nella nostra terra. Ancora oggi ne siamo contenti.
Le aree interne, come l’Irpinia hanno lo svantaggio di un’orografia che non consente di coltivare e di lavorare i terreni in modo agevole, come ad esempio avviene nelle pianure (Padana e Tavoliere delle Puglie), ma al contrario hanno il notevole vantaggio di essere territori ameni sia sotto l’aspetto naturalistico che geologico. Non a caso, sono proprio le aree interne collinari con i loro microclimi favorevoli, con le sorgenti , con i loro terreni argillosi, quelle che rappresentano la vocazione vitivinicola di eccellenza. Questo vale per i tre vitigni docg irpini (Taurasi, Greco, Fiano) ma anche per zone similari collinari come quelle del Chianti in Toscana, delle Langhe in Piemonte e della Valpolicella in Veneto. In questi altri territori italiani che ho citato si è costruita una notevole ricchezza intorno al “sistema vino” e lo stesso si sta incominciando a fare anche in Irpinia da qualche anno con istituzioni come il Consorzio Tutela Vini d’Irpinia, la Camera di Commercio di Avellino e la stessa Scuola Enologica ‘F.De Sanctis’ che rappresento. Sono nate circa 300 cantine negli ultimi venticinque anni in Irpinia di piccola e media grandezza proprio per sfruttare le nostre ricchezze vitivinicole ed attualmente molti giovani lavorano nelle stesse. Altri giovani più intraprendenti le hanno realizzate sfruttando i vecchi finanziamenti PSR (Piano di Sviluppo Rurali) della comunità Europea. Le opportunità riguardano non soltanto il settore vitivinicolo ma tutto quello agroalimentare in generale. Non dimentichiamo tutti gli eccellenti prodotti agroalimentari come nocciola, castagna, tartufo, formaggi (Carmasciano, per citarne solo uno). Questi sono prodotti di eccellenza dell’agroalimentare del nostro territorio che trovano tante agevolazioni di finanziamento ed offrono opportunità di creare nuove aziende o cooperative di imprese agricole tra giovani. Oggi l’agricoltura non è più quella di una volta che con grande fatica produceva piccoli redditi; ci troviamo difronte alla cosiddetta “Agricoltura 4.0”, ossia la quarta rivoluzione industriale che è basata sul digitale. Il digitale applicato anche in agricoltura consente di ottimizzare i processi ottenendo una maggiore redditività. Si utilizzano droni per irrigazioni, trattori con computer a bordo per seguire le coltivazioni, sensori applicati alle piante per monitorare i processi agricoli attraverso software che hanno centrali di controllo in laboratori. Tutti questi processi digitalizzati in agricoltura riguardano sia il settore vitivinicolo che quello agroalimentare in generale. L’Amministrazione Provinciale di Avellino ha ritenuto investire con un PNRR di 8 milioni di euro su un progetto DIH (Digital Innovation HUB) da realizzare proprio presso il De Sanctis di Avellino. Si realizzeranno strutture digitali e laboratori nella stessa scuola a servizio delle imprese agricole di tutto il territorio provinciale e regionale. Il De Sanctis di Avellino, fondato nel 1879 dall’allora Ministro irpino aveva lo scopo di formare i giovani ma anche di valorizzare il territorio ed oggi, a distanza di 144 anni , l’implementazione di questo progetto digitale (DIH : Digital Innovation HUB, centro di innovazione digitale) presso la scuola con laboratori e relativa strumentazione danno un’ ulteriore contributo allo sviluppo in agricoltura con metodi moderni di ottimizzazione dei processi agricoli e collocano la scuola al centro di riferimento istituzionale per tutte le aziende agroalimentari.
Lo sviluppo delle aree interne deve, però, far leva oltre alla produzione dei suoi prodotti di eccellenza, anche sul racconto e sulla conoscenza dei territori che li producono. Si può, così, sviluppare il settore turistico delle aree interne, abbinando ai paesi la narrazione storica , l’accoglienza in piccoli alberghi ed ovviamente l’offerta di tutti i prodotti agroalimentari e vitivinicoli che il territorio stesso offre. Lo stimolo che deve far innescare la curiosità verso i visitatori deve basarsi non soltanto sui vini ed i prodotti agroalimentari, ma deve far leva su eventi programmati che tengano conto delle tradizioni, ma nello stesso tempo offrano attuali risposte di tipo socioculturali alla platea di potenziali visitatori.
La Campania è una terra ricca di bellezze naturali, ma alla maggior parte dei turisti a livello mondiale , sono note soltanto tutte le attrattive costiere , costiera amalfitana e cilentana, isole di Capri, Ischia e Procida, città di Napoli, ma non è assolutamente noto il territorio interno. L’offerta deve riguardare anche luoghi e percorsi ameni, per chi non voglia soltanto godere dei luoghi marittimi, e quindi percorsi da fare con bici, a piedi con soste in ristorantini ed alberghi , dove i tour operator raccontino i cibi, i luoghi e la loro storia. Realtà di questo tipo si sono già sviluppati in altre regioni come l’Umbria, la Toscana, il Piemonte, dove il racconto delle loro aree interne, attraverso un’ottima capacità di marketing ha generato dei marchi , dei brand di visione positiva di un territorio come Le Langhe, la zona del Chianti, gli agriturismi dell’Umbria. Dietro a questo successo c’è stato un lavoro di divulgazione sinergico tra giovani imprese ed istituzioni. Tutto questo ha generato ricchezza nelle aree interne attraverso un settore primario dell’agricoltura ed un indotto in attività professionali, commerciali e ricettive. Questo è il modello a cui bisogna ispirarsi, ed alcuni passi già si stanno compiendo tra istituzioni: Fondazione Sistema Irpinia dell’Amministrazione Provinciale, Consorzio Tutela Vini Irpini, Camera di Commercio Avellino, Coldiretti , unitamente ad imprenditorI già radicati ed a start up di giovani. Concludendo e tornando alla tematica che cerca soluzioni strategiche per evitare lo spopolamento, bisogna far leva sui nostri punti di forza con operazioni sinergiche. Premesso che la base esista ed è fornita dalle eccellenze agroalimentari e dall’amenità dei luoghi, bisogna che si intervenga sotto l’aspetto imprenditoriale, sotto l’aspetto divulgativo ed informativo di marketing e sotto l’aspetto di ricettività e turismo.
I giovani devono utilizzare le loro competenze con le quali si sono formati nel settore agronomico per avviare imprese agricole, agrituristiche anche formando società di giovani o coperative ed utilizzando le disponibilità offerte dai finanziamenti regionali ed europei, con competenze di giovani economisti per la costituzione di società e business planning. Bisogna ristrutturare parte del patrimonio agricolo, rurale e dei borghi per ottenere luoghi di ricettività alberghiera con annessi ristorantini di prodotti locali a chilometro zero. Questo possono realizzarlo giovani professionisti tecnici ingegneri, architetti, geometri, collaborando con economisti per la stesura di piani di fattibilità di analisi costi e benefici, ed utilizzando anche questa volta finanziamenti europei anche di PNRR. Una volta progettate e realizzate le strutture imprenditoriali agroalimentari e ricettive devono esserci anche giovani che promuovano il territorio con le sue bellezze ed i suoi prodotti, con l’intento di attirare turismo ed incentivarlo a soggiornare nelle strutture ricettive delle aree interne. Questo deve essere realizzato, unitamente agli organi istituzionali, alle amministrazioni comunali e provinciali, con un’ opera che generi una rete di contatti con altre agenzie turistiche regionali, nazionali, internazionali. Si devono pensare ad eventi cadenzati nei borghi che valorizzino la loro storia e le loro tradizioni contadine alimentari e di artigianato. Tali eventi devono tener conto di aspetti musicali, teatrali e culturali appartenenti ai luoghi. Si devono offrire pacchetti turistici con almeno 2 pernottamenti ed itinerari a piedi o ad esempio in bicicletta per gustare ed ammirare l’orografia del territorio. Le agenzie di giovani che lavorerebbero nel settore della promozione devono avere grandi capacità di accoglienza e comunicative, mentre gli altri devono avere capacità organizzative nella cura degli spettacoli e degli eventi nei borghi. Questo potrebbe generare economia, posti di lavoro per i giovani, entusiasmo e riappropriazione dei propri territori con amore per le proprie origini. Anche le professioni tecniche troverebbero giovamento, in quanto aumenterebbe l’esigenza di ristrutturazioni del patrimonio edile per ampliamenti e miglioramenti dell’esistente, le professioni informatiche per la nascita e divulgazioni con siti web; abbiamo visto anche durante la pandemia che molti lavori possono essere svolti anche risiedendo in un piccolo borgo, godendo della sua salubrità, ma avendo contatti di lavoro in tutto il mondo con smartwork e videocall. Le professioni creative troverebbero spazio nei borghi e nei luoghi ameni per attività artistiche, le attività commerciali sarebbero incrementate per far fronte ad una crescente richiesta di aumento di residenti e di visitatori.
Intorno all’agroalimentare si genererebbe con queste potenziali dinamiche un processo di sviluppo che potrebbe dare a 360 gradi occupazione alle nuove generazioni e contrastare lo spopolamento.
In definitiva è proprio con le nostre ricchezze ambientali ed agroalimentari che bisogna generare ricchezza per il nostro sviluppo.
Tutto si può realizzare se ci fosse effettivamente una volontà politica ed istituzionale di creare sinergie e senza divisioni come spesso assistiamo a discapito dello sviluppo.

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