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RUBRICA || Autori in campo || Roberto Rubino – ‘Il cibo ci parla – Istruzioni per capirne le peculiarità’

di Valentina Taccone

L’esigenza di scrivere significa esprimere una biologica necessità di voler diffondere un’esigenza comunicativa. Un modo permanente di stabilire un contatto con la società e la volontà di diffondere un significato. Scrivere è questo, sì, ma anche di più. A darne una dimostrazione pratica e concreta, è proprio Roberto Rubino, ricercatore per natura e studioso curioso e costante. Con il suo ‘Il Cibo ci parla – istruzioni per capirne le peculiarità’ edito Infiniti Mondi, ci lascia un vero manuale scientifico sul metodo analitico e di valutazione delle produzioni alimentari che compriamo e portiamo direttamente a tavola. Un prontuario che lascia, soprattutto al consumatore, tutti gli strumenti di selezione e di giudizio critico.
Uno, nessuno e centomila Roberto Rubino. E’ stato Direttore del Centro di Ricerca Crea di Potenza e di Monterotondo, fondato l’Associazione Anfosc – Associazione nazionale formaggi sotto il cielo di cui è presidente ed è direttore e autore della rivista bimestrale Caseus. Ma non solo. E’ anche padre fondatore del Latte Nobile e e del Metodo Nobile, diffusi in Italia e in Messico.
Lo abbiamo incontrato per parlarci del suo libro e capirne ogni fase evolutiva, per ripercorrere ogni fase, dall’idea, alla stesura fino alla pubblicazione, interrogandolo sul quello che è il suo più evidente protagonista, il cibo.

Roberto Rubino

Come nasce l’idea di voler scrivere un vero e proprio vademecum per il consumatore?
A mano a mano che andavo avanti con gli studi sulla qualità del latte mi accorgevo che, contrariamente al racconto quotidiano di e sulla gastronomia- in pratica, uno stato di agiografia permanente- le conoscenze, anche scientifiche sui fattori che determinano la diversità del cibo, erano minime. Tutta la materia prima è considerata uguale, il prezzo è dettato dalla borsa merci e il consumatore non ha chiavi di lettura per decidere e chiedere il livello qualitativo desiderato. Io forse avevo qualcosa da dire in merito

Come ‘Il Cibo ci parla’? In che modo possiamo acquisire tutte le istruzioni per valutare la qualità di quello che mettiamo nel piatto?
“Purtroppo le informazioni sono poche, la stampa di settore ha smesso di esprimere giudizi di valore e tutto è straordinario, tipico unico e così via. Ma non sappiamo perchè. E in fondo è il motivo per cui ho messo su carta le mie conoscenze in merito. L’unico strumento che al momento ha il consumatore è il “fai da te”, deve imparare a degustare per meglio fare le domande al momento dell’acquisto”

Perché è importante avere un orientamento di selezione canonizzato su parametri analitico – sensoriale, o meglio, a cosa serve avere istruzioni di selezione e di critica sul cibo che mettiamo a tavola?
“Se noi, quando mangiamo ci limitiamo a dire: buono, salato, mi piace, non mi piace, non riusciremo mai a capire quale è il livello qualitativo di un alimento. Perché o noi diciamo che tutto è uguale, e allora ci sta bene il mi piace, ma se tutto è diverso, se le patate gialle non sono tutte uguali, quanto sono diverse, quale è la distanza fra la più scadente e la più buona? 10, 20 volte? E poi, perché? Dobbiamo sapere il motivo di questa differenza spesso elevata. Altrimenti tutto è inutile e, al prossimo acquisto, il relativo livello qualitativo sarà casuale. Ecco perché la degustazione si deve fare sempre mettendo a confronto campioni dello stesso prodotto, ma diversi per un motivo che conosciamo e che descrivo nel libro”

Quali sono, quindi, i parametri che dobbiamo tenere sempre in considerazione?
“La degustazione deve essere semplificata al massimo. Servono pochi parametri, ma deve essere fatta bene. Importante è il colore, molto sottovalutato ma fra i più concreti, anche perché è l’unico parametro che abbiamo al momento dell’acquisto. Gli altri due sono l’odore e il gusto. Il primo dipende da molecole volatili, quindi importanti dal punto di vista dell’accettabilità, meno da quello del valore nutritivo, perchè sono molecole che volano, che non mangiamo. Resta il gusto, il corpo del prodotto e che ci rimanda al piacere e anche al valore nutrizionale. Per l’ aroma e il gusto ci possiamo limitare all’intensità e variabilità mentre, sempre in riferimento al gusto, dobbiamo molto soffermarci sulla persistenza, perché questa ci può dare informazioni utili sulla tecnica di produzione se si tratta di un vegetale o sull’alimentazione degli animali se parliamo di latte e carne”

Nutraceutica, territorio e materie prime di qualità, convivono davvero e perfettamente insieme?
“Provo a semplificare un argomento complesso. Colore, aroma e gusto sono il risultato di un gruppo elevato di molecole e metaboliti che contemporaneamente svolgono un ruolo importante nella nutrizione. Faccio un esempio. Il colore dipenda da molecole il cui ruolo è quello di bloccare l’ossidazione dei tessuti. Quindi hanno un’azione antiossidante, il cui ruolo tutti conoscono. Ma allo stesso tempo i carotenoidi hanno un’influenza sull’aroma, mentre i polifenoli svolgono un ruolo importante nel gusto. Poi dal momento che il flavour è in relazione inversa alla produzione della pianta o dell’animale, più l’animale e la pianta producono meno e più aumenta la concentrazione di metaboliti importanti come le vitamine o gli acidi grassi insaturi. Quindi le molecole che danno colore, aroma e gusto sono le stesse che contribuiscono, insieme ad altre, al valore nutrizionale del prodotto”

Quanto è importante l’etichetta per orientarsi nella scelta sullo scaffale? Sono sufficienti i parametri qualitativi riportati o cosa manca per avere un quadro completo?
“Io non leggo mai l’etichetta. Perché non dà alcuna informazione utile né dal punto di vista nutrizionale e né dal punto di vista del livello qualitativo. L’unica informazione utile riguarda il rapporto grassi saturi/insaturi perché quella ci può riportare al sistema di produzione e, quindi, al livello qualitativo di latte e carne. E su questo, nel libro, riporto il metodo di calcolo di questo rapporto perché, così come è riportato in etichetta, non si riesce a capire. Per il resto io trovo inutili le informazioni contenute. Anche perché basta degustare una volta quel prodotto, se ti piace lo compri. Un po’ come facciamo con il vino”

Alla fine del libro, parli di ‘democrazia’ del mercato, che cosa significa?
“Potrà sembrare una boutade, ma adesso l’agricoltura è da comunismo reale. Tutto è uguale, il prezzo è unico e noi non possiamo scegliere. Lo Stato decide per noi, se dobbiamo mangiare insetti o no, se carne coltivata o allevata. Andiamo al bar e c’è un solo caffè, in panetteria pani diversi ma fatti con la stessa farina, in macelleria un solo tipo di carne e tutti questi prodotti hanno sempre lo stesso prezzo durante l’anno e in tutti i locali della città.
Tutto è uguale e la concorrenza si fa al ribasso del prezzo, proprio perché non c’è alcun legame fra prezzo e livello qualitativo. Se invece leghiamo il prezzo al livello qualitativo, ci sarà spazio non solo per chi non si pone problemi di questo tipo, ma anche per chi vorrebbe mangiare meglio o gradirebbe prodotti che provengano da un certo tipo di coltivazione, come in parte, ma in minima parte avviene adesso con il biologico e il biodinamico”

Qual è il messaggio che vuoi conservi il lettore arrivato all’ultima pagina del tuo libro?
“Al momento ci possiamo fidare solo di noi stessi. Dobbiamo imparare a degustare, un poco come abbiamo fatto con il vino e con i computer (almeno noi della vecchia generazione). Se riusciamo a capire dove posizioniamo quelle patate o quel formaggio nella nostra ipotetica scala dei valori, allora il grosso è fatto. Poi l’approfondimento è più facile, perché abbiamo gli strumenti conoscitivi per risalire ai fattori responsabili di questo livello”

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