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RUBRICA || Autori in campo || Alessio Pietrobattista – Viaggio nel Fiano, tra territori e produttori di un’Irpinia autentica

di Valentina Taccone

Quando l’amicizia e la passione si incontrano, accadono sempre eventi inaspettati e si costruiscono progetti, editoriali in questo caso, certamente interessanti ed entusiasmanti. Abbiamo incontrato (digitalmente) in occasione degli informali salotti scientifici di Fiano sul Divano della manifestazione Fiano Music Festival 2023 ad Aiello del Sabato (Avellino) Alessio Pietrobattistam autore del libro Fiano Terra – Edizioni Estemporanee.
Gli abbiamo chiesto di sbirciare un po’ il suo percorso formativo e professionale, per ripercorrere i passi che lo hanno portato fin qui e si presenta genuinamente così:”Sono di Roma e sono un amante del Fiano di Avellino. Come nasce questa passione? Cosa c’entra Roma con l’Irpinia? Tutto nacque grazie al mio amico fraterno Paolo De Cristofaro, giornalista di, ormai diciamolo, lungo corso da sempre impegnato nella comunicazione della Campania vitivinicola, non solo dell’Irpinia. Una delle persone più competenti e attente che abbia mai incontrato e galeotte furono le degustazioni svolte nella primavera/estate 2010 per la guida del Gambero Rosso, in cui lui ricopriva il ruolo di responsabile della sua regione: proprio durante queste degustazioni e negli anni a venire, il feeling con il Fiano e le sue caratterizzazioni, mi portarono a maturare la consapevolezza di poterlo trattare come si tratterebbero i grandi vini e vitigni del mondo, ovvero partendo dal territorio principe, l’Irpinia, di cui ne diventa lettore incredibile. Complice un lavoro sempre di Paolo per Enogea di Alessandro Masnaghetti e gli approfondimenti effettuati durante la manifestazione Campania Stories, ho deciso di mettere nero su bianco quanto appreso. Nel frattempo le mie strade hanno preso altre vie editoriali, passando per l’Espresso per poi approdare a Slow Wine come coordinatore del Lazio. Ma quando l’Irpinia chiama non posso resistere!”

Alessio Pietrobattista

 

Da qui la nostra grata intervista all’autore:
Come nasce la volontà di voler scrivere un libro miratamente sul Fiano di Avellino?
“Il tema del Fiano è, oltre che una questione di feeling personale col vitigno, una constatazione lampante, almeno per la mia esperienza: è probabilmente il più “internazionale” dei nostri vitigni a bacca bianca, è quello capace di adattarsi a più condizioni pedoclimatiche riuscendo a interpretarle fedelmente. Avere caratteristiche del genere è un’attitudine straordinaria, unica”

Dici Fiano, dici Irpinia?
“Ovviamente il forte legame con l’Irpinia farebbe propendere per la prima ipotesi ma è proprio il carattere del vitigno che dovrebbe renderlo patrimonio italiano e non solo. Pensiamo ai Fiano del Cilento o a tutte le espressioni extra regione, dalla Sicilia alla Puglia, dalla Basilicata passando per l’Abruzzo, il Lazio e la Toscana: in ogni regione ha una sua espressione peculiare, un suo modo di essere unico e riconoscibile allo stesso tempo. Come disse il grande enologo Fortunato Sebastiano durante una degustazione: il Fiano è un vitigno che diventa tardivo in Irpinia ma che in altre situazioni è addirittura precoce. In queste parole c’è tutta la sua forza, una prerogativa di ben pochi vitigni”

Un viaggio nel Fiano, quali le mete da dover raggiungere per chi
vuole davvero entrate in contatto con un vitigno così autoreferenziato?
“Non si può prescindere dalle vigne, in primis, e dai comuni di elezione del vitigno. Si può non fare un salto a Lapio ad esempio? Sarebbe impensabile: è da lì, attraverso l’opera meritoria della famiglia Mastroberardino, che il vitigno è arrivato fino ai giorni nostri. Oggi è luogo di grandi artigiani che hanno deciso negli anni di tentare la propria strada, con grande successo, facendo identificare il comune e le sue vigne come un vero e proprio Grand Cru della denominazione”

Quali gli assaggi che possono tratteggiare, dal suo punto di vista, un viaggio del ‘Fiano’?Qual è l’itinerario di viaggio per conoscere, il Fiano in ogni sua angolatura?
“Beh mi verrebbe da ripercorrere gli assaggi fatti nella scrittura del libro e ne aggiungerei altri. Ho diviso il libro per comuni, partendo da un discorso territoriale che invita il lettore a ripercorrere proprio quel tragitto. E lungo quelle strade ho incrociato il Fiano 2004 di Ercole Zarrella, Ciro Picariello e Sabino Loffredo e Raffaele Troisi, il 2003 di Gerardo Contrada, il 1998 del grande Antoine Gaita, il 2010 di Maura Sarno e Rosanna Petrozziello ma ne potrei citare molti altri. Come vedi ho parlato di persone e non di aziende perchè il vero valore aggiunto è conoscere chi il Fiano di Avellino lo produce. Il famoso terroir ha come centro nevralgico la componente umana, non è solo suolo e clima”

Un racconto di uomini e territorio, di tradizioni e contraddizioni: quali quelle da dover raccontare ai nostri lettori?
“L’elemento che non passerà mai di moda: la vita delle persone. Fiano Terra è stato pubblicato nel 2015 ma ha il proprio impianto narrativo nella storia delle famiglie, del loro percorso per arrivare a investire in questa terra straordinaria e in questo vitigno unico. Ad oggi l’unica componente che può cambiare è quella dei vini e dei loro descrittori: quelle sono fotografie del momento, indelebili nella mia mente, ma sono la parte che probabilmente in questo momento scriverei diversamente. Il resto è per me quello che lo rende ancora attuale. Di contraddizioni territoriali ne ho incontrate molte, alcune mi hanno anche creato più di qualche difficoltà perchè, lo ricordo, il libro l’ho scritto viaggiando a mie spese e prendendo appuntamento coi produttori come un qualsiasi appassionato in visita. Diciamo che la ricettività turistica non è il forte della zona e che questo, al giorno d’oggi, è un aspetto su cui dover ancora lavorare e investire, cercando le opportune sinergie”

Il Fiano è simbolo di un’eredità contadina, a partire dal già al titolo con ‘Fiano Terra’: quanta storia in questo viaggio speciale?
“Fiano Terra è palesemente un gioco di parole che ha molti risvolti e interpretazioni: il legame del vitigno con la sua terra, la capacità del vitigno di essere messaggero del territorio in cui è coltivato e la base di partenza per l’Irpinia stessa da cui ripartire, il piano terra su cui costruire i piani alti della propria storia. Se posso citare un simbolo di orgoglio e tradizione, di visione internazionale del vino e autenticità territoriale, direi il compianto Antoine Gaita: durante l’intervista con lui, iniziata in sordina per il suo carattere diffidente e introverso, ma poi diventata un vero fiume in piena con lo scorrere del vino nei nostri calici, ho carpito l’orgoglio di appartenere a una terra unica, la grandeur irpina nel senso positivo del termine. Da quell’orgoglio e a quell’esempio secondo me si deve costruire, anche in ottica futura”

Quanto è importante la mano dei produttori nel vino, non c’è da dire, ma quanto è stato importante per la stesura del libro?
“Che il carattere irpino non si smentisce! Ho incontrato a volte diffidenza nei miei confronti perchè a nessuno ho mai detto che ero lì per scrivere un libro, perchè volevo che fossero il più naturali possibile, senza filtri e frasi preconfezionate. Questo ha portato a qualche difficoltà organizzativa e di approccio ma, una volta entrati in sintonia, era quasi impossibile uscire da quelle cantine in tempi ragionevoli, travolto dall’accoglienza e dalla voglia di condividere storie e vino”

Quale il vero messaggio da trasmettere con”Fiano Terra”?
“Che bisogna essere curiosi nella vita, non dare per scontate le gerarchie precostituite nella nostra testa e che ci sono grandi territori e grandi vitigni in grado di mettersi seduti agli stessi tavoli di altre regioni e vitigni di livello mondiale. E non per una voglia sfrenata di confronto a tutti i costi o per la sudditanza psicologica che genera quella voglia di riscatto, a volte addirittura controproducente. Il Fiano, ma direi l’Irpinia in generale, ha ancora molto da scrivere e sviluppare della sua storia, malgrado le antiche tradizioni che indubbiamente ha”

Che contributo comunicativo intende portare al Fiano Music Festival?
“Il mio contributo partirà sicuramente dall’aspetto umano delle aziende ma sarà anche il racconto di un appassionato on the road in grado di parlare della percezione di quello che succede tra queste vigne, con l’occhio di chi spesso si confronta con un mercato che non è strettamente quello locale o regionale, della reputazione che l’Irpinia si è riuscita a costruire ma, soprattutto, di quella che deve ancora costruirsi. Molti miei amici hanno preso il libro e hanno ricostruito il viaggio territoriale, incluse le soste gastronomiche ivi descritte che hanno toccato alcune delle cucine più identitarie dell’Irpinia: ne sono usciti arricchiti e ancora più appassionati di questo territorio ma non tutti possono e vogliono investire lo stesso tempo e la stessa “fatica”. La sfida secondo me sarà quella di intercettare mediaticamente questi potenziali appassionati, con una reputazione che aumenti prestigio e valore dei vini. Sarà un contributo che potrà vivere di contaminazioni tecniche, umane e comunicative, d’altronde il Fiano Festival nasce per questo”.

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