Penna e voce di Elvia Gregorace per raccontare “Ermione. Vite & Vite Fermenti femminili“

di Valentina Taccone

Docente di Lettere Classiche e di sommellerie del vino e del cioccolato, giornalista pubblicista, blogger e da diversi anni scrittrice, Elvia Gregorace è una delle voci contemporanee del panorama editoriale di settore. Scavando in una delle sue passioni giovanili, il teatro, racconta e si racconta nel suo progetto narrativo intitolato “Ermione. Vite & Vite Fermenti femminili“ (Trenta editore) in cui il noir incontra l’attualità, la storia e la a cultura su uno sfondo che profuma di mosto, a tratti di sangue.

Ermione è una figura mitologica spesso marginale: cosa l’ha spinta a farne una voce contemporanea capace di leggere le ombre del presente e di dialogare con il mondo del vino?
Perché nessuna l’ha mai considerata. Con il personaggio Ermione si pensa sempre alla saga di Harry Potter o, se si è un po’ più eruditi, a “La pioggia nel pineto” di Gabriele D’Annunzio. Con questo pseudonimo l’autore abruzzese chiama la più celebre delle sue amanti Eleonora Duse. La poesia è una chiara espressione del panismo in cui l’uomo si immerge nella natura tanto di diventarne parte. Come non rapportarsi a un tralcio di vite che per secoli ha simboleggiato la civiltà? E noi siamo davvero civili visti gli argomenti trattati in questo libro? Mah… Sono trascorsi secoli e siamo rimasti ancora terribilmente e profondamente primitivi. Comunque, per chi non lo sapesse, credo in molti, Ermione è la figlia di Elena e Menelao, il cui nome è legato a Ermes quindi “messaggera” o potrebbe significare “colei che ha grazia” o “colei che possiede una buona predisposizione”: Chi meglio di lei avrebbe potuto narrare così tante storie legate dalla passione, dal vino e a volte dalle atrocità?

Nel libro i vini e le storie dei vitigni diventano metafore psicologiche dei personaggi.Come nasce questo accostamento tra carattere umano e identità enologica?
Da una mia espressione: “Il vino è rosso, il sangue è rosso”. Adoro il vino rosso che rappresenta la passione, le viscere, la profondità. Il filosofo tedesco Friedrich Schiller dice: “Quando il vino entra, strane cose escono” perché ci si rilassa e si perdono i freni inibitori. I migliori affari si concludono, sempre, a tavola. Il condividere un calice di vino lega le persone più di quanto si immagini. I vitigni raccontano delle storie e le persone narrano la propria. Ogni uva ha una sua personalità, un suo fardello, un suo profumo, perché non accostarla a una donna uccisa, ahimé, o a una produttrice di vino?

Ermione diventa cronista della sua e della nostra epoca. In che modo mito e narrazione possono arricchire oggi lo storytelling del vino, spesso dominato da comunicazioni rapide e tecniche?
Il vino va atteso, proprio come un appuntamento ambito. Il nettare di Bacco, si guarda, si annusa, si beve, narra e si narra. Sta a noi percepire cosa voglia dire. La velocità è cattiva consigliera. Ancora oggi molti produttori imbottigliano e mettono in vendita i loro sorsi non aspettando che il prezioso liquido raggiunga il momento giusto per parlare. Ermione, invece, beve e parla. Quando si vuole vendere una bottiglia, va conosciuta bene. Si tratta di una modella da vestire. Il tappo è il suo copricapo; l’etichetta il suo abito; la capsula il suo make-up. Si aggiusta per noi. Tutte le donne si abbelliscono per qualcuno, poche volte per loro stesse. Lasciamole parlare, comunicare e raccontare.

Le figure femminili del libro attraversano passioni, gelosie, invidie, innocenze e profezie. Come dialogano queste “fermentazioni femminili” con il ruolo sempre più centrale della donna nel mondo del vino?
Negli ultimi anni nei corsi da sommelier le iscrizioni del gentil sesso sono notevolmente aumentate, ma ci si chiede davvero il motivo? Oggi si è più libere. Anticamente le donne non potevano neanche bere perché, trattate come dei soprammobili, chissà cosa avrebbero rivelato se avessero bevuto, visto che conoscevano i segreti della propria famiglia e si sa: “I panni sporchi si lavano in casa”. Vedere una donna alticcia era simbolo di frivolezza e non certamente di ottima reputazione. Erano poche coloro le quali potevano farlo, tra queste proprio Elena di Troia che resta una privilegiata. Attualmente c’è molta più libertà e il gentil sesso dimostra professionalità e competenza nel settore. Tutti i personaggi scelti hanno come fil – rouge proprio la sacra bevanda di Dioniso.

Nel rapporto tra Ermione e Tisameno, la cultura diventa una forma di resistenza alla barbarie. Quanto è importante, anche nel settore del vino, un’educazione alla sensibilità e al racconto consapevole?
Siamo sicuri che si voglia, davvero, diffondere la cultura del vino e del bere consapevolmente? Ci sono reali trasmissioni televisive che parlano di vino? Non mi pare, qualche servizio, spesso neanche ben strutturato e nelle tv private qualcosina che sempre pubblicizza bottiglie, ma cosa resta? Niente. Ermione alleva il figlio Tisameno a comportarsi bene con le donne, a rispettarle, ad ascoltarle e noi dovremmo educare i giovani a degustare, a tornare all’utilizzo dei nostri sensi, a diventare consapevoli di avere il privilegio di possedere uno strumento di piacere non di sballo sia in casa che a scuola che nei locali.

Molti dei conflitti narrati risultano attuali. Crede che la psicologia del mito possa aiutare chi comunica il vino a comprendere meglio emozioni, dinamiche e pubblico?
Esistono gli archetipi e se ne parla sul testo, in realtà se noi guardassimo veramente il passato ne potremmo solo trarre il meglio. Il vino emoziona, appassiona, lega proprio come questo scritto. Dovremmo smettere di parlare di degustazioni ma con le degustazioni. I messaggi arriverebbero più celermente e in modo più chiaro. Bisogna offrire degli strumenti, ognuno li usi come vuole. Un buon docente si considera una matita e i suoi discenti dei fogli bianchi. Ognuno dovrebbe essere disegnato come meglio crede e secondo la sua coscienza. In questo modo uscirebbe il meglio di ciascuno.

Ermione. Vite&Vite è un’opera ibrida che unisce mito, narrativa, riflessione sociale e cultura del vino. Qual è il valore aggiunto che questo libro desidera portare al mondo della comunicazione enologica?
Storia, cultura, consapevolezza. All’interno di questa creatura sono presenti anche aneddoti, non sempre conosciuti, dei vitigni. Storie di donne del passato che restano eterne nei secoli, femminicidi, ahimè, di cui abbiamo perso il conto. Vicende di imprenditrici che, quando pensano al profumo del mosto, rievocano “fantasmi” che non hanno mai dimenticato.

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