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Vitigni PIWI in Puglia: la ricerca dell’Università del Salento si apre alla qualità e alla sostenibilità dei vini resistenti

di Redazione

Una ricerca multidisciplinare guidata dall’Università del Salento e che coinvolge studiosi dell’Università di Udine, del CREA – Centro di Ricerca per la Viticoltura e l’Enologia di Turi e dalla Cantina Due Palme (Cellino San Marco), recentemente pubblicata sulla rivista internazionale Italian Journal of Food Science (in modalità “open access”),apre nuove prospettive per la viticoltura pugliese.

Lo studio coordinato dalla Prof. Laura Rustioni è stato svolto durante la tesi di laurea in Viticoltura ed Enologia (Università del Salento) di Anita Morleo, ed è firmato da Giuseppe Rossetti, Valeria De Rosa, Francesco Fortunato Maci, Luigi Tarricone, Rachele Falchi, Vito Michele Paradiso.
La ricerca dimostra che la qualità dei vini ottenuti da due vitigni resistenti ai principali patogeni fungini Oidio e Peronospora – ovvero gli ibridi PIWI, Merlot Kanthus e Merlot Khorus – è sovrapponibile a quella dei vini prodotti con il vitigno Merlot tradizionale.
I vitigni PIWI (dal tedesco Pilzwiderstandfähig, “resistenti ai funghi”) permettono di ridurre drasticamente l’uso di fitofarmaci, con benefici ambientali ed economici immediati: meno trattamenti in vigna significano tutela della biodiversità, riduzione dei costi di produzione, riduzione delle emissioni e maggiore sicurezza per gli operatori agricoli.
L’esperimento alla base della ricerca ha previsto un duplice approccio: da un lato l’analisi chimico-tecnologica dei parametri enologici dei vini, dall’altro la valutazione sensoriale attraverso panel di degustatori sia esperti (afferenti all’Associazione Italiana Sommelier di Lecce) che non
esperti. I risultati hanno mostrato che i vini ottenuti dai vitigni resistenti non solo rispettano gli standard qualitativi tecnici, ma risultano anche apprezzati dal punto di vista sensoriale, con preferenze in alcuni casi superiori a quelle riscontrate per il Merlot tradizionale.
“La nostra ricerca – sottolineano gli autori – dimostra che i vitigni resistenti non rappresentano una minaccia per la qualità enologica, bensì una straordinaria opportunità per rendere la viticoltura più
sostenibile e competitiva”
Nonostante queste evidenze, in Puglia i vitigni PIWI non sono ancora ammessi alla coltivazione, a differenza di molte altre regioni italiane dove, già da tempo, si lavora con queste cultivar. Un paradosso che rischia di frenare l’innovazione in una delle regioni simbolo della
viticoltura italiana, tra le prime due, ogni anno, in termini di volumi produttivi.
La pubblicazione ufficiale su Italian Journal of Food Science rappresenta dunque non solo un risultato scientifico di rilievo, ma anche un invito alla politica regionale a considerare l’inserimento dei vitigni resistenti tra quelli coltivabili, aprendo così la strada a una viticoltura pugliese al passo con le sfide ambientali del nostro tempo.

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