Giovanni Abrigo e il 1968, un anno importante che inizia a segnare il solco di una rigogliosa storia familiare e di una produzione accurata nella concentratissima Diano d’Alba, in provincia di Cuneo. Un disegno vitato di 15 ettari, diversamente distribuiti tra Diano d’Alba, Grinzane Cavour, Roddie e Novello in località Ravera. Una sfida che nasce dalla natura imprenditoriale dettata dall’idea progettuale di Giovanni Abrigo, motivo che lo spinse all’acquisto dei terreni per avviare un’azienda agricola, una risposta clamorosa all’epoca segnata dall’esodo delle campagne, che andavano a ricoprirsi gradatamente da silenzio e natura. Proprio qui, si produceva uva e allevava bestiame, compresa la razza bovina piemontese, e si coltivava frutta e la nocciola Piemonte, oggi regolamentata da disciplinare Igp. Tipicità, insomma.
La strada era stata tracciata, il futuro continuava a radicarsi a Diano D’Alba, tra filari e produzioni autoctone. Era il 1987, Giorgio Abrigo, figlio di Giovanni, fatti e termina i suoi studi di agrotecnico, continua con la moglie Paola Morando, e i figli Giulio, poi diplomato nel 2’21 alla Scuola di Enologica Umberto I di Alba e Sergio, laureato nel 2015 all’Università di enologia. Ma il faro dell’evoluzione aziendale è nella Docg Dolcetto di Diano d’Alba. Una sfida che si affianca alla magistrale iconicitià del Barolo, etichetta presente nella linea di produzione insieme al Dolcetto di Diano d’Alba, alla Barbera d’Alba, alla Langhe Favorita e al Nebbiolo d’Alba
I vini della cantina Abrigo Giovanni ha una cifra stilistica definita. Perfetti sì, seppure quando si dice artigianilità ci si aspetterebbe un’unicità sartoriale, l’uno differente dall’alto, e invece sono curati in una dettagliata coerenza. Riconoscibile, questo il marchio di fabbrica.
L’azienda è abbracciata, letteralemente dall’omonima vigna che la circonda in una perfetta armonia geometrica, dettata dalla salubrità della vite seduta a circa 400 metri s.l.m, custodità in una bolla di biodiversità e una base ampelografica altamente vocate al dolcetto. Grappoli piu’ piccoli che consentono meno lavori sul verde. Meno cimature sì, ma controllate in diretta dipendenza dall’annata. Il tempo di raccolto è più generoso e coscienzioso, rallentata dagli acini piccoli che sono custoditi naturalmente dal fogliame.
In cantina c’è una maturazione precisa, più definita per vini destinati a composizione tannica più matura che andrà ad elegantirsi con l’azione del tempo e il controllato affinamento in cemento e, probabile, in legno. Il dictat dei vini Giovanni Abrigo è chiaro: autenticità territoriale ad ogni sorso.
Verticale Giovanni Abrigo Dolcetto di Diano D’Alba Superiore Docg (2022 – 2021 – 2020 – 2019)
Note tecniche
Uvaggio: 100% dolcetto
Esposizione sud, sud-ovest
Suoli: Strati marnosi intervallati da strati di sabbia, calcareo
Vinificazione: in acciaio con macerazione di 9-12 giorni a seconda dell’annata
Maturazione: in vasche di cemento e bottiglia
Note degustative
2022
Un’estate precoce sul Dolcetto e una vendemmia di inizio settembre. Liquirizia, frutti rossi di sottobosco, di mirtillo, mora nera e una marasca in via di maturità. Violetta selvatica e un corredo aromatico ancora in fase evolutiva, in attesa di esplodere nel tempo. In bocca pieno, tutto equilibrato da un tannino giusto e da una pronunciata verticalità, acidità che si presenta accompagnata da una misurata sensazione pseudocalorica. Ricco in bocca, certamente.
2021
Una vendemmia sudata, per un’estate non troppo generosa per le temperature, facendo attendere la raccolta. Una maturazione estrema. Al naso è meno pronunciato nei suoi picchi sensoriali In bocca ricco, pieno di struttura, compresi i tannini che si fanno sentire. Frutta matura e fiori di sottobosco, senza dubbio.
2020
Una bottiglia di riserva di cantina che emoziona. Un’annata calda che si è fatta ricordare, con una raccolta programmata intorno a metà settembre. Al naso, frutti rossi, pietra focaia e una rotonda mineralità. In bocca più scarico e in alcuni momenti sbilanciato, limitatamente alla perfettibilità del Dolcetto della famiglia Abrigo. Frutti di bosco, di nuovo, e mora selvatica.
2019
La 2019 è l’annata che esce dal coro, a causa della fitta grandinata che ha reso, meno agevole, la vendemmia. Roselline selvatiche, violette, poi, mora nera selvatica, e ribes.
Complesso ed elegante e con un “occhio lungo” all’invecchiamento. Equilibrato, senza dubbio, o come potremmo ‘elegante’ e con un grande potenziale. Fresco, insomma, un’ annata di grande prospettiva