Irpinia Wine Days, un patrimonio da celebrare nella masterclass su Fiano di Avellino DOCG, Greco di Tufo DOCG e Taurasi DOCG guidata dai tre Master of Wine italiani Gabriele Gorelli MW, Andrea Lonardi MW e Pietro Russo MW. Tre flights di approfondimento sulle tre denominazioni irpine, con una caratterizzante specificità sul valore enologico. E non solo. Gli interventi introdotti da Stevie Kim, Managing Partner di Vinitaly sono serviti ad introdurre un percorso di esordio al riconoscimento dell’Irpinia, come marchio riconoscibile, nel panorama vitivinicolo nazionale e internazionale. Un epiteto importante “il mare in montagna” venuto fuori e in tesi conclusive della masterclass. Dal mero valore pedoclimatico, si intende, per la conformazione prevalentemente montana tale da offrire vini dal grande slancio di acidità, un’ascensionale verticalità a pieno regime, e ricco certamente nella complessità, ma dall’imponente struttura. Vini irpini, insomma.
Masterclass Irpinia Wine Days
GG: Gabriele Gorelli MW
AL: Andrea Lonardi MW
PR_ Pietro Russo MW
Fiano di Avellino. Tra paesaggio e territorio.
PR: “In che territorio siamo e con quali condizioni climatiche ci troviamo? Siamo davvero in contesto mediterraneo anche se l’Irpinia è prevalentemente montuosa? Ci troviamo davanti ad un territorio unico che oltre la cifra stilistica e tecnica, fa emergere un punto di contatto nei vini. Sempre si ritrova l’aromatico e il gustativo, in un modo costante. Questo ed è in termini di comunicazione e di riconoscibilità”
GG: “Qui c’è un clima del Sud, mediterraneo, ma di carattere montano. Profilo che meglio si adatta ad un cambiamento climatico meno impattante. I Fiano che abbiamo incontrato in questo tasting sono vini più monolitici, verticali e salini, e che raccontano il posto mettendo in evidenza varietà e luogo di provenienza. Quando si parla di Fiano di Avellino e Greco di Tufo, si parla di una bivalenza importante. La diversità c’è ma serve la trasparenza delle due Docg che devono essere celebrate e non ostentate. Bisogna codificare un territorio, esattamente come con il modello “Borgogna”. Fondamentale ricercare l’equilibrio del racconto che però deve condurre ad un senso per il vino di Avellino, ma soprattutto che abbia un senso il ricevente. Il vino è l’unica categoria di lusso che pretenda che il consumatore sia preparato. È un prodotto esclusivo e non inclusivo, senza un brand, un produttore consapevole, un vigneto autoctono, e tutte le componenti dal caso, non si va da nessuna parte”
AL: “Come posso raccontare questo vino che si presenta double face? In bocca ricco, secco succoso e austero. Con il sole del Sud e il clima nordico, con acqua e risorse paesaggistiche, come le nocciole, che rendono unico il paesaggio. Io sono al mare ma in montagna. Questo clash caratterizza qui tutto il territorio montano. Qui il vino, però, ha una certa rusticità caratterizzante del territorio, che è un elemento distintivo. Il territorio deve essere visto in maniera inclusiva, di territorio. In Campania è certo l’Irpinia che si traduce come il mare in montagna. Non c’è nessun altro posto con questa caratteristica. E’ fondamentale, quindi, il messaggio di “Sud, mare e montagna”. Nella scala valoriale, “riconoscibile” e “territorio attraente” devono essere traino commerciale, come la Borgogna o altri paesi. Il marketing sarà fondamentale per promuovere questo messaggio. Il vino è oggi considerato come bene di consumo piuttosto complicato ma sarà la lettura degli operatori del marketing che sarà determinante. Dobbiamo raccontare come lo facciamo e perché lo facciamo in quel modo”.
Greco di Tufo, maniero di “originalità”
Irpinia e Greco di Tufo, ovvero trasversalità dei vini bianchi che partono come bianchi ma hanno la struttura dei rossi. Tema nel secondo slot degli IWD è l’invecchiamento che premia la longevità in questo territorio, ma parendo dall’assunto di esserne cosciente e consapevoli.
AL: “Sono due i valori fondamentali del Greco di Tufo e uno di questi è orgoglio. E si sente. Una volta l’Irpinia definita terra di lupi come terra interna e povera ora non fa più parte del vostro modo. Oggi nelle carte si chiede un Alto Adige non un Traminer, e questo è importante. Bisogna portare fuori l’Irpinia come brand. Non dobbiamo pensare in maniera esclusiva al vino, per poi allargarsi alle ricchezze del territorio. Basti pensare che la Campania è la seconda regione per presenza di Stelle Michelin, dato importante ma con un messaggio disgiunto. Questo è fondamentale per ripartire unendo tutte le potenzialità possibili”
GG: “La Campania non è solo grande ristorazione stellata ma c’è un concetto che deve emergere ed essere presente in affiancamento al vino. C’è una distonia che parte dal basso, come posizionamento, che non usa il vino. In grandi zone del mondo, si sceglie il vino non per la carta che poi va abbinato alla ristorazione anche abbinarlo alla pizzeria. Il Greco di Tufo? Assertivo, molto irpino, montanaro, duro, con polso e che lavora nel lungo periodo. Qui la longevità si traduce come qualità. Un concetto che i vini campani hanno sempre seguito, anche qui. I vini da invecchiamento è un concetto italiano e non esiste in tanti parti del mondo, questo deve essere un elemento di vantaggio da cui partire e lavorare costantemente”.
PL: “ I valori della varietà, come celebrazione delle varietà autoctone nello stesso periodo di Chardonnay e Sauvignon blanc che immediatamente si associano a caratteristiche di solforoso, idrocarburi e minerali come descrittori, che sono importanti e sono evocativi soprattutto del territorio, come valore di fatto e riconoscibilità. Sono forti connotazioni che rimandano a grandi vini, anche aromatiche come il Riesling ma c’è tanto altro come le note fruttate e soprattutto il mondo dei sentori minerali, di ostrica e sentori iodati. Il claim del mare in montagna penso che sia centrato soprattutto in questo caso, di mediterraneità soprattutto al naso con una tensione piu’ acida e piu volume e ricchezza rispetto al Fiano. C’è una coerenza stilistica di tutti i campioni, con tanto carattere, tendenzialmente ribelle. Il Greco, invece, incarna perfettamente il rosso vestito da bianco, un vino materico con una tessitura molto profonda”
Taurasi, stile e terroir nella longevità della Docg
Taurasi Docg? Oggi, quattro stili differenti. Siamo davanti a vini di stile che non devono essere confusi, soprattutto quando si colloquia con i buyers che devono essere certi della loro scelta da proporre a tutto il mondo Ho.Re.Ca., una scelta che deve essere identificativa con il territorio. In un sistema internazionale questo creerebbe insicurezza piuttosto che rientrare in una consueta comfort – zone. Non ci sono descrittori validi che possano promuovere il Taurasi nel mondo nel modo giusto. C’è il Taurasi, e questo basta.
AL: “ Siamo davanti ad un vitigno difficile, con alternanza di produzione che soffre le piogge con carattere idrofobo come il sangiovese. Con buccia sottile e un tannino evidente. E’ un vitigno che per sua natura ha una componente ossidativa importante e che, secondo me, è una nota debole. Più si ossida più il tannino diventa duro. Un vitigno contemporaneo, ovvero che va in una direzione. Tannino e acidità hanno una connotazione gastronomico che caratterizza la cifra stilistica. Serve una consistenza di messaggio dove non viene fuori su quattro campioni cosi discontinui. Fondamentale non giustificare un’uva. Uno stile che non deve essere demistificato e valorizzare l’aglianico in tutta la sua forma”
GG: “L’aglianico ha una grande occasione come Taurasi. Può aiutare tanti vini del Sud come il Primitivo, per dare una maggiore direzionalità nella costruzione del taglio. I Taurasi che assaggiamo ora sono deliberatamente prodotti in questo modo socio – culturale”
PR: “ Cos’è lo stile? Il vino passa per una consapevolezza dell’identità e questo è essenziale. Ma qual è l’ idea che c’è dietro? L’importante è definire una linea con un’ambizione che deve essere identificativa. Una varietà che si presta a tantissime varietà e a tantissime altre diverse”